Foto di copertina del post sul setting in psicoterapia

SETTING PSICOTERAPEUTICO

Cosa si intende per setting psicoterapeutico

Setting è una parola inglese che significa ambientazione. In psicoterapia con questo termine si fa riferimento sia a un luogo fisico, sia a un assetto mentale, cioè una disposizione interiore. Il setting è la cornice spazio-temporale e operazionale della relazione tra paziente e terapeuta. Comprende quindi sia gli aspetti concreti, sia quelli organizzativi, come la scelta del luogo, dell’orario e delle modalità di contatto.

All’interno dell’ambito psicologico, si è soliti fare riferimento alla distinzione tra setting esterno e setting interno, anche se i due aspetti si influenzano a vicenda.

  • Setting esterno: elementi esterni che organizzano lo spazio fisico e relazionale
  • Setting interno: atteggiamento mentale di paziente e terapeuta

Setting esterno

Il setting esterno si riferisce agli aspetti concreti, pratici e organizzativi. Quando una persona arriva per la prima volta nello studio del terapeuta, sarà accolta in una stanza preparata appositamente, con grande cura e attenzione ai dettagli, al fine di renderla un luogo protetto e sicuro, che funga da contenitore per le emozioni, i vissuti e le esperienze che si svilupperanno al suo interno. Collocazione dello studio, arredamento, aspetto fisico, abbigliamento, regole condivise, sono tutti elementi che entrano in gioco fin dal primo colloquio. Lo psicoanalista Paolo Migone ha giustamente sottolineato: Non è la forma esteriore a dare senso e rendere terapeutica la relazione, ma la mentalizzazione di quell’esperienza, cioè il significato che tale esperienza assume, anche attraverso gli elementi materiali. Il setting esterno influisce sull’esperienza dell’incontro e, viceversa, gli aspetti simbolici riverberano sul piano concreto. 

Setting interno

Il setting interno si riferisce a ciò che accade nella psiche del terapeuta e del paziente, e nella loro interazione. Nel momento in cui una persona riconosce una sofferenza, un sintomo, e decide di chiedere aiuto, trova un ambiente accogliente ed empatico, in grado di contenere e di restituire una comprensione autentica dei vissuti, che possono così essere mentalizzati ed elaborati attraverso la presenza del terapeuta. All’interno dei primi colloqui e del rapporto che si va via via costruendo, è possibile dare avvio a un’esperienza nuova, diversa da tutte le altre. Per questo il setting interno deve essere costruito insieme, ponendosi in una posizione di apertura e ascolto reciproco: riconoscere di non sapere è ciò che rende possibile apprendere qualcosa dal rapporto con l’altro, aprire uno spazio di riflessione nuovo. Il terapeuta si limiterà quindi a rimuovere gli ostacoli che possono bloccare la costruzione della relazione, svolgendo una funzione di accompagnamento in un percorso conoscitivo di sé stessi.

Il setting interno, quindi, non può essere realizzato a priori dal terapeuta, come se già conoscesse la strada da percorrere, ma si costruisce in maniera spontanea, come uno spazio potenziale di crescita, un terreno neutro dove è possibile gettare le basi per creare una storia differente. Il cambiamento, in terapia, non consiste nel ritorno a una condizione precedente, ma si configura come una crescita, un aumento delle possibilità dell’individuo, e contiene sempre qualcosa di ignoto. Il terapeuta si porrà quindi in una posizione di ascolto, che permette di cogliere e mettere in contatto con significati ancora sconosciuti ad entrambi. Tale posizione sarà sempre caratterizzata da spontaneità, autenticità e responsabilità.

Setting in studio e setting on line

Fin qui abbiamo fatto riferimento all’ambientazione all’interno di uno studio fisico, caratteristica della psicoterapia in presenza. Attualmente, però, soprattutto in seguito all’emergenza pandemica, la psicoterapia on line ha conosciuto una diffusione sempre maggiore, e al classico setting in studio si è affiancato il setting on line.

Nel 2013 l’APA (American Psychiatric Association) ha definito la telepsicologia come: servizi di tipo psicologico offerti tramite le tecnologie di telecomunicazione (ad esempio telefono, cellulare, altri device mobili, videochiamata, email, chat in sincrono o differita). A partire dagli anni 2000, quindi, nella letteratura internazionale, si inizia a sostenere che per poter parlare di terapia deve essere presente una relazione e una mente in grado di comprendere, al di là del tipo di strumento utilizzato.

Dal 2017 in poi, grazie al documento del CNOP (Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi) “Digitalizzazione della professione e dell’intervento psicologico mediato dal Web”, la terapia on line è stata ufficialmente riconosciuta e sdoganata anche in Italia. L’intervento psicologico non coincide più necessariamente con la condivisione dello stesso spazio fisico, spazio e intervento sono interdipendenti. Gli interventi psicologici e psicoterapeutici via internet si sono rivelati efficaci per un ampissimo spettro di condizioni psichiatriche e di sintomatologie somatiche.

La letteratura prodotta su questo argomento ormai da circa vent’anni, soprattutto di origine anglofona e di matrice teorica cognitivo-comportamentale, conferma che il setting on line è adeguato ed efficace per tutti i disturbi dell’area ansiosa e fobica e per i disturbi depressivi. L’esperienza clinica conferma che l’efficacia del setting on line è equivalente a quella del setting in studio. Non è infatti la forma esteriore a rendere terapeutica la relazione, ma il significato dell’esperienza nel suo complesso, dato sia dagli elementi estrinseci come il luogo e le regole, sia da quelli intrinseci di co-costruzione della realtà.

L’evoluzione tecnologica e la diffusione di internet e dei social media hanno avuto un impatto anche sulle modalità di contatto tra pazienti e terapeuti, sul numero di informazioni che tutti abbiamo a disposizione e sulle possibilità di scelta. Prima, le possibilità di contatto e le informazioni erano limitate e controllate, oggi invece tutti abbiamo accesso a un grande numero di informazioni sugli altri, anche estranei, attraverso i profili social e i siti internet, informazioni su cui spesso non abbiamo controllo e di cui possiamo venire a conoscenza anche involontariamente. Anche le modalità di contatto sono cambiate e aumentate: dalle tradizionali telefonate, ai messaggi, le email, le chat e le differenti piattaforme. Infine, grazie a internet, ognuno ha a disposizione moltissime informazioni su cui basare la scelta, tra un numero di approcci e di terapeuti sempre più elevato.

Cosa occorre per svolgere una seduta di psicoterapia on line

  • Possibilità di avere una connessione stabile
  • Possibilità di avere una privacy sufficiente
  • Sufficiente familiarità con gli strumenti, sia hardware che software

Hardware: il supporto fisico da utilizzare, come cellulare, tablet o computer

Software: il canale utilizzato, per esempio le videochiamate su WhatsApp, Skype, Zoom o altre piattaforme.

Le principali differenze rispetto al setting in presenza riguardano quindi gli aspetti esterni, mentre rimane valido tutto ciò che abbiamo detto rispetto al setting interno. Gli elementi concreti vengono meno, ma la cornice esterna viene mantenuta grazie alle regole condivise riguardo alla riservatezza, la cadenza degli incontri e le modalità di incontro e contatto. Ciò che rimane invariato è la qualità della presenza e dell’ascolto del terapeuta, è l’assetto mentale a rendere anche il setting on line un luogo confortevole e protetto, dove possa svilupparsi la relazione di cura.

Già i primi colloqui hanno, infatti, un grande valore come iniziale esperienza trasformativa e terapeutica. Il ruolo dello psicologo non consiste nel fornire indicazioni o consigli in quanto egli non detiene la verità, ma può aiutare a scoprire aspetti essenziali di sé e della propria identità. La relazione di aiuto è quindi l’esito di una collaborazione creativa di cui paziente e terapeuta sono entrambi autori. Un momento di crisi può divenire l’occasione per superare un blocco, ripercorrendo la storia emotiva dell’individuo, per cogliere nella sofferenza anche un aspetto evolutivo. Essa può rappresentare l’unica modalità che la persona trova in quel momento per esprimere qualcosa di sé, che non trova nessuna altra espressione se non attraverso il sintomo. Può rappresentare quindi un’opportunità per portare alla luce qualcosa di sé che è importante non trascurare, per non restare prigionieri delle proprie operazioni mentali, ma ampliare la conoscenza di sé, riscoprire le potenzialità vitali ed effettuare delle scelte più libere.

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