ACCETTARE SE STESSI, UN PERCORSO DI CONOSCENZA DI SÉ

Wish you to be yourself – Ti auguriamo di essere te stesso

Questo l’augurio scritto sull’albero di Natale di Milano in piazza Duomo, che quest’anno è sponsorizzato da un’azienda nel settore della cosmetica. L’azienda ha scelto il tema dell’accettazione di sé: un invito ad abbandonare etichette e pregiudizi sentendosi finalmente liberi di esprimere la propria identità, in tutte le sue declinazioni e sfumature.

Spostando il concetto dall’ambito dell’esteriorità a quello dell’interiorità, potremmo riformulare questo augurio in… TI AUGURO DI DIVENTARE TE STESSO.

Accettare se stessi, i pensieri di Jung e Hillman

Jung descrive l’individuazione come il processo attraverso il quale ogni essere vivente diventa quello che è destinato a diventare fin dal principio. (Opere vol. 11)

Lo psicoanalista Umberto Galimberti al Festival della filosofia, parlando della ricerca della felicità, ha citato Jung:

“Forse la cosa più bella della psicologia analitica di Jung è il concetto di individuazione. Scopo della psicanalisi e il processo di individuazione che può essere tradotto con una frase emblematica di Nietzsche “diventa ciò che sei”. Nel senso che nella nostra vita noi continuiamo a seguire modelli che sono necessari perché si cresce per processi imitativi. I bambini crescono perché vedono e imitano, ma poi bisogna staccarsi da questa imitazione e diventare quello che propriamente si è. E’ una ricognizione di sé. Qui c’è tutta la cultura greca alle spalle di questo concetto. L’oracolo di Delfi diceva “conosci te stesso”, e la prima condizione per diventare sé stessi è quella di conoscersi, conoscere le proprie potenzialità, la propria aretè (ἀρετή) dicevano i greci. La propria virtù, la propria capacità, ciò per cui sei nato. E se riesci a far fiorire ciò per cui sei nato, se davvero diventi te stesso al di là dei modelli che vuoi imitare, al di là delle belle cose che ti vengono fatte vedere, se riesci a diventare te stesso, raggiungi la felicità. Lo scopo dell’analisi è diventare sé stessi e per questo però bisogna uscire dai comportamenti collettivi, dice Jung. Non bisogna essere come gli altri, non bisogna essere neppure eccessivamente eccentrici, perché non bisogna confondere l’individuazione con l’eccentricità. Ma quella di diventare sé stessi è la condizione, non solo della salute, ma addirittura della felicità”.

James Hillman, fondatore della psicologia archetipica, nel suo testo Il codice dell’Anima espone la teoria della ghianda: La teoria della ghianda dice che io e voi e chiunque altro siamo venuti al mondo con un’immagine che ci definisce. Ciò a cui l’autore fa riferimento non è un destino predeterminato, ma una vocazione, un talento, un compito o una missione, che siamo liberi di esprimere nella nostra vita attraverso le azioni quotidiane, per giungere alla realizzazione del nostro carattere.

L’aspetto fondamentale di questa teoria, è che tale vocazione è diversa per ogni individuo, è un dono che ognuno porta con sé fin da prima della nascita, e che da bambini si esprime in svariate forme e modalità. Crescendo, può essere dimenticato e quindi messo da parte, non sviluppato e non riconosciuto, così che nella vita adulta non ne siamo più coscienti. Esso può però essere riscoperto e coltivato, come un seme, o una ghianda appunto, nascosto nell’inconscio, sommerso dai progressivi adattamenti imposti dalla famiglia, dall’educazione, dalla società e la cultura, che può essere riscoperto grazie all’ascolto e alla conoscenza di sé. Non sono solo la genetica e l’ambiente a determinare chi siamo, ma ognuno di noi contiene in sé un destino individuale, un’unicità, che chiede di essere vissuta e valorizzata.

Proprio le situazioni di difficoltà e i momenti di crisi, in cui possono comparire angoscia, depressione, attacchi di panico o altre manifestazioni di disagio, possono essere fondamentali per spingerci ad interrogarci e comprendere la nostra vocazione.

È importante non confondere il concetto di individuazione con l’individualismo, in quanto il processo di messa in discussione e conoscenza di se stessi, sebbene rivolto verso il proprio mondo interno, avviene sempre a partire dalla relazione con gli altri. La nostra psiche è strettamente interconnessa con quella delle altre persone, di tutti gli esseri viventi, della natura e con l’anima del mondo nel suo insieme. Jung ha scritto: L’individuazione è un’unificazione con se stessi e, nel contempo, con l’umanità, di cui l’uomo è parte. (Opere vol. 16). Anche lo psicoanalista e scrittore Aldo Carotenuto ricorda: Jung ha più volte sottolineato che ogni processo di trasformazione necessita del confronto, della relazione.

All’interno del percorso terapeutico è possibile scoprire l’unicità di ognuno, partendo dalla conoscenza di se stessi, come insegnava Socrate, attraverso la lettura e l’interpretazione di messaggi e segnali che riceviamo sia dall’interno che dall’esterno, per poi proseguire nell’ampliamento della propria personalità, per poter realizzare la massima di Pindaro, ripresa da Nietzsche,  – Diventa ciò che sei – .

1 commento su “ACCETTARE SE STESSI, UN PERCORSO DI CONOSCENZA DI SÉ”

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