DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO DA RELAZIONE (DOCR) IN “CORPI MINORI” DI J. BAZZI

Lo scrittore Jonathan Bazzi, a proposito del suo secondo romanzo, ha detto: “Corpi minori nasce soprattutto dal desiderio di provare a raccontare il disturbo ossessivo compulsivo da relazione (o innamoramento). Un’esperienza di cui non si parla, un problema di cui le persone che ne soffrono si vergognano tantissimo, ma che stritola giornate, orizzonti, vite”. E prosegue con una descrizione del disturbo: “Il DOC da innamoramento è il tentativo – tragico, lancinante – di provare a capire, controllare, afferrare razionalmente l’amore. È la paura incontrollabile di non amare più. Si traduce in una serie di pensieri intrusivi (ossessioni) e test/prove (compulsioni) tutti volti a capire se si ama o no la persona con cui si sta (spoiler: spesso sì, si è innamorati davvero, da qui l’assurdità di ciò che si sente)”.

Corpi minori è un romanzo autobiografico che racconta con grande autenticità e chiarezza il vissuto di chi si trova a sperimentare il disagio psichico, la sofferenza, i tentativi di cura e il percorso di consapevolezza che porta all’accettazione e alla ricerca di una soluzione che è sempre unica e individuale. “La domanda s’indebolisce da sola e non richiede la guarigione attesa – le crisi più minacciose spesso si dissolvono in assenza di svolte, marcatori, e non si può addurre ragioni, riferire prontuari, ricette”.

Cos’è il DOC da relazione?

Per iniziare, vediamo in cosa consistono ossessioni e compulsioni. Le ossessioni sono un insieme di pensieri ricorrenti, intrusivi e ricorsivi che destabilizzano la persona in quanto concentrano la sua vita attorno a tali pensieri. Le compulsioni, invece, rappresentano tentativi di sedare e ridurre l’ansia legata a tali pensieri o a tentativi di controllo del pensiero stesso. La compulsione diventa anticipatoria in modo tale da tenere sedato il pensiero.

Nel DOC da relazione, ossessioni e compulsioni riguardano le relazioni. Chi ne soffre si interroga continuamente sulla bontà della propria relazione e sul sentimento che prova verso la persona con la quale è in relazione. La domanda centrale è: lo amo? È la persona giusta per me? È ciò che realmente desidero?

Possono essere presenti diverse sfumature, di cui le principali sono due. La prima legata al sentimento, in cui viene messa in discussione la relazione in quanto tale: sono sufficientemente innamorato? È la relazione giusta per me? Mi sento travolto dalle emozioni? “Inspiro, ti amo. Espiro: non ti amo più. Te ne stai interamente raccolto attorno alla fievolissima voce sbucata dal nulla, sottile voce di tua proprietà e di nessun altro, che dice: tutto finito, lo devi lasciare. Ora, domani, aspetta domani. Quanto tempo resta, ti chiedi, quanto ci resta – più nulla, poniamo fine alla menzogna.” La seconda, invece, legata a caratteristiche del partner, valoriali, morali o anche fisiche. In questo caso è presente un dubbio costante e continuo sulla scelta di proseguire la relazione, in funzione di alcune caratteristiche della persona. “Mentre continuo a guardarti di soppiatto, scansionarti, fermare le angolazioni, le prospettive da processare, scomporre, bocciare o promuovere”.

Questo spinge l’individuo a mettere in atto comportamenti compulsivi, per esempio stilare nella propria mente elenchi delle prove che dimostrino la presenza o l’assenza dell’amore, scegliere dei criteri di valutazione assolutamente arbitrari e soggettivi per valutare la bontà della relazione, come il numero di rapporti sessuali, di abbracci, o il tempo speso insieme, e ad un controllo costante. “Come si quantifica il coinvolgimento, in che modo decidere, stimare quando è abbastanza e quando non più – qualcuno mi fornisca un metro, un campione graduato, ho bisogno di una scala per fermare tutto questo: un numero, un valore, un modello da prendere come esempio.”.

Il pensiero attanaglia la persona, che entra in un circolo vizioso sempre più ampio: come posso stare in una relazione della quale non sono sicuro? Come posso essere felice nella mia vita se già adesso inizio a pormi queste domande? È effettivamente la persona giusta per me o mi sto accontentando e quindi sarò sempre infelice? “Era diverso, non lo era per niente, cambiato lui o cambiato io, nell’alternarsi di sensazioni e versioni non disporre più di alcun aggancio per implementare una versione affidabile della realtà. Resisti, molla la presa – lo strapiombo, il dirupo, abbracciamoci un’ultima volta mente precipitiamo”. Possono quindi verificarsi dei gesti impulsivi che vanno a determinare l’interruzione della relazione, ma il problema si ripresenta in quanto subentra la paura di avere sbagliato. L’ossessione non scompare, ma si trasforma in ulteriori domande: ora che sono solo quanto sto male? Quanto potevo invece stare bene con lui o lei?

Il DOC da relazione, quindi, è legato alla presenza di ossessioni e di compulsioni e non, come spesso si ritiene, al bisogno di rassicurazioni determinato da pensieri o timori abbandonici da parte del partner. “Il disturbo ossessivo compulsivo da relazione funziona come la variazione eidetica teorizzata da Husserl: prendi un fenomeno , nell’intento di individuarne l’essenza, le strutture invarianti, lo osservi in tutta la sua estensione e inizi a mutarne le caratteristiche, domandandoti, di volta in volta, se è ancora lo stesso. Un amore che non ti stordisce più è sempre amore oppure no – altera, varia, ricombina -, e se lascia spazio ad altro, altera, varia, ricombina, se non ti satura tutta la vita, cosa rende amore l’amore?”

DOC da relazione: le fasi del decorso

Il DOC da relazione può presentarsi con modalità episodiche, oppure ripresentarsi a differenti intervalli di tempo, o infine, se non riconosciuto e trattato, può tendere alla cronicità. Le fasi del decorso non devono essere intese rigidamente, quando una persona sta attraversando le caratteristiche di una fase può essere investita nuovamente dai sintomi della precedente, ma, soprattutto se ha iniziato un percorso di terapia, ciò accade in modo transitorio e circoscritto.

  • Esordio: fase acuta. La prima fase è caratterizzata dai dubbi da cui si viene assaliti, associati ad ansia, angoscia e paura. I sintomi principali sono pensieri intrusivi persistenti, che causano ansia e agitazione psicomotoria, oltre a calo dell’umore e perdita di attenzione e concentrazione verso altre attività. La fase acuta può durare da qualche giorno a circa un mese. Possono insorgere attacchi di panico, problemi del sonno, incubi. “Come si distingue un atto di panico dai prodromi di un infarto, se non lo ami più lo devi lasciare, perché ancora non l’hai lasciato, basta, per piacere basta, mi manca il respiro. ”Sono presenti, inoltre, sintomi compulsivi: vengono messi in atto rituali allo scopo di calmarsi, attenuare lo stato di angoscia. Possono verificarsi agiti impulsivi, la persona può lasciare il partner o confessargli i dubbi che prova.
  • Fase post acuta: in questa fase è possibile vivere dei momenti di moderato benessere e i contenuti mentali non si associano più a un’ansia così intensa. Subentra allora il timore di non essere più interessati, di iniziare ad abituarsi, di non provare più il senso di colpa. Sono presenti credenze disfunzionali e irrealistiche, che si accompagnano a rigidità, perfezionismo e idealizzazione. Per esempio, il senso di irreversibilità della scelta, con la paura di causare un danno irreparabile, o l’iper responsabilità, ossia sentirsi obbligati ad occuparsi dei dubbi che il disturbo propone. La persona cerca di trovare delle soluzioni per alleviare l’angoscia, come informarsi e cercare rassicurazioni su internet e sui forum “recupero il cellulare e digito nella barra di Google: come capire se lo amo ancora, e poi come sapere se si è innamorati. Digito e mi infilo nei forum, non avete idea del numero di gruppi di discussione sul tema, una subcultura, un’intera comunità di amanti infiammati non dalla passione ma dai dubbi, sensi di colpa” e scannerizzare il proprio stato interno “Senti qualcosa, rispondi. Senti o non senti. Niente, non c’è più niente. Di nuovo, il bisogno di stare a distanza. Poi ancora in cucina, le braccia allacciate attorno al suo addome, calore, l’odore della pelle. E ora? Senti, non senti.”

Nel DOC da relazione gli individui non ritengono appropriati i propri stati affettivi, ritengono che ci sia qualcosa che non va nelle sensazioni che provano. Cercano quindi di indirizzare il proprio stato affettivo nella direzione desiderata, per esempio felice, eccitato, euforico, o ciò che coincide con i propri ideali perfezionistici riguardo all’amore. Questi sforzi naturalmente si rivelano fallimentari, anche perché basati sull’ ideale secondo cui l’amore consisterebbe in un perpetuo stato di innamoramento. Si può verificare una demoralizzazione o anche un vero e proprio episodio depressivo lieve, moderato o grave.

Subentra infine l’anedonia, ossia l’incapacità di sperimentare emozioni positive, e ciò va a confermare il fatto di non provare più nulla, determinando un vissuto di indifferenza. Inizialmente questa fase rappresenta un continuum rispetto alla precedente, mentre, successivamente, possono presentarsi periodi di alcuni giorni o settimane in cui la persona si sente meglio, ma rischia di crollare di nuovo. “Questa non è la storia di una disfunzione, patologia, è solo una storia, una ruota di possessioni ricorrenti e comuni, di paure che tornano per un motivo, noto, ignoto, e con cui fare i conti, ma mai una volta per tutte”.

La sessualità viene compromessa, non è più spontanea e dettata dal desiderio, ma diviene un test, in quanto si attivano ansia anticipatoria e continuo automonitoraggio. Può presentarsi il dubbio di essere ancora innamorati dell’ex e la paura di poter essere attratto da altri possibili partner, che crea angoscia ed evitamento delle situazioni di tentazione “Dunque, la voce che impartisce ulteriori istruzioni: ora ti chiedo di raffrontare, paragonarlo con i ragazzi che ti si muovono attorno”.

  • La terza fase rappresenta una fase di cronicizzazione. Quando il disturbo si protrae per lungo tempo, anche per anni, senza alcun tipo di intervento, le persone appaiono demoralizzate e spente.  La connotazione non è più acuta e drammatica come nelle fasi precedenti, se non per brevi episodi, che possono essere determinati da cambiamenti importanti come la convivenza, il matrimonio o l’arrivo di un figlio. In questi casi il disturbo si riacutizza e riemergono le credenze disfunzionali e il senso di colpa. Tali momenti possono rappresentare l’occasione per spingere la persona a superare la rassegnazione e cercare aiuto per poter stare meglio, spezzando i circoli viziosi che compromettono la qualità della vita.

La terapia per il DOC da relazione

Bazzi descrive i tentativi sperimentati per alleviare il disagio: respirazione, meditazione, gocce, yoga, letture: “Ho bisogno di nuovi rimedi al posto di quelli che ho escogitato per sopportare. Quando sono da solo a casa, a stento lascio il rifugio sotto le coperte, evitando anche di pranzare, cenare al fine di non dischiudere spazi, reali, mentali, margini di libertà nel mio regime di autocontenzione”.  “Guardando senza pause video”, “Oppure, quando la casa e le sue possibilità mi fanno troppa paura – esco a tramortirmi di passi, cinque, sei ore di camminata”. Sperimenta differenti tipi di psicoterapia: cognitiva “metti un filtro cognitivo e vedrai che vai bene”, psicodinamica “dice che metto in scena il distacco temendo di essere lasciato, sindrome abbandonica in modalità preventiva” ed EMDR. Infine, è lui stesso a proporre l’ipotesi diagnostica: Relationship Obsessive-Compulsive Disorder (RDOC).

Comprendere ciò che sta accadendo, riconoscere il disturbo, normalizzare ed alleviare l’angoscia, permette di iniziare un percorso di accettazione e modificare il proprio atteggiamento nei confronti della patologia: “Niente funziona davvero, però cominciano i flash, insight, rotolano a valle nuove insperate intuizioni”, prosegue: “Dico: lascia che parli, lascia che la vice dica la sua – e mi scanso, mi metto di lato mentre il saccheggio si compie senza togliermi niente. Imparo, sto imparando a lasciarmi pensare, ad aspettare che le gocce rievaporino, che i cristalli glaciali si squaglino e mutino le spinte dei venti: resto davanti alla mia mente come a un cielario, agenti atmosferici sottovetro da limitarsi a guardare nella loro ciclica riconversione:” E ancora: “sto ridendo in faccia alla voce che m’imperversa in testa da mesi, rido in faccia alla voce e a tutte le sue varianti che si radicano in punti diversi delle pareti interne della mente”. “Rimanere sul bordo impreciso delle cose, rinunciare alla purezza, trovare le proprie minuscole strategie di convivenza con la minaccia, un modo per fluttuare dentro questa mente tutta frammenti”.

Bazzi afferma: “Credo sia stato il dolore più grande ed esteso che ho sperimentato, anche perché rimasto impronunciabile a lungo. Iniziare a parlarne fu fondamentale, fare terapia fu fondamentale”.

“La ripetizione stabile, quotidiana, di un’instabilità disegna a suo modo una durata, una norma, e non c’è da accettare nulla, nulla da sapere in anticipo: possiamo solo riempire la testa con adesioni epidermiche e parole attuali, attorcigliarci attorno a quello che accade ora, e poi ora, poi ora, minuto per minuto, per non permettere che le correnti e le voci ci portino via. Usare il magma vivo delle sensazioni per aumentare la gravità, ancorarci a terra”.

“Ho scelto, ho deciso: impreciso, falso, ho solo consentito che passasse un po’ d’aria tra me e il bisogno di una scelta, decisione. Inspiro, ti amo, espiro, spero ti amerò. Accettando di abbandonare la contrazione dell’inchiesta, della misurazione, l’impellenza di una risposta, affinché lo spazio si potesse riempire di nuove immagini”.

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