autismo

10 PREGIUDIZI COMUNI SULL’AUTISMO (+1)

Durante i miei anni di lavoro presso le scuole elementari del Comune di Milano, ho appreso l’importanza di sensibilizzare, informare e orientare in merito alla tematica dell’autismo, in quanto tutt’oggi continuano ad essere diffusi alcuni miti negativi e pregiudizi che ostacolano l’utilizzo di modelli collaborativi, multidisciplinari, efficaci e scientificamente fondati nelle pratiche di intervento a beneficio di questi bambini e delle loro famiglie. Ho voluto quindi provare a elencare e mettere in discussione alcuni di questi pregiudizi, basandomi su un documento prodotto nell’ambito del Progetto Autismo e Qualità della vita.

1) L’autismo è determinato dallo scarso affetto dei genitori

I dati che emergono dalla letteratura in ambito biologico, neurobiologico e genetico stanno escludendo l’impatto di fattori emotivi, affettivi e relazionali dalle ipotesi eziopatogenetiche, cioè dalle ipotesi relative alle cause della malattia. Gli aspetti di natura psicologica, relazionale, comunicativa e affettiva che i bambini sperimentano con i genitori e a livello familiare, sono considerati eventi correlati alla malattia e spesso rappresentano la reazione della famiglia alla nascita e alla presenza di un figlio autistico.

L’autismo è un disturbo del neurosviluppo, con base biologica e con una componente genetica certa. Non è stato ancora individuato il gene dell’autismo, perché l’origine del disturbo è legata all’alterazione di più geni e alla loro interazione con fattori ambientali (disturbo multifattoriale).

2) L’autismo è causato dalle vaccinazioni

Nonostante gli studi scientifici dimostrino il contrario, la convinzione che l’autismo sia correlato alle vaccinazioni è ancora molto diffusa. Vi sono solide e convincenti evidenze scientifiche ed esperienze che confermano l’infondatezza di tale legame.

3) L’autismo è causato dall’accumulo di metalli pesanti, come il mercurio

Sono state condotte numerose ricerche su questo tema da agenzie internazionali indipendenti e nessuna evidenza sostiene questa ipotesi. Come per quanto riguarda le vaccinazioni, anche in questo caso è necessario superare gli approcci di tipo ideologico, a favore di informazioni fondate sulle evidenze scientifiche.

La causa della malattia deve essere ricondotta a complesse interazioni tra fattori eziologici di natura genetica, epigenetica e contestuale e non può essere ridotta semplicisticamente a una carenza affettiva, ai vaccini o all’intossicazione da mercurio. È importante poter accedere a un’informazione corretta sulla genesi e il decorso dell’autismo nel corso del ciclo di vita, che sia supportata da prove validate scientificamente e non basata su notizie e opinioni che circolano sui social media.

4) Ai bambini con autismo servono solo interventi medici

A oggi non esiste un farmaco contro l’autismo. L’ampio spettro dei disturbi associati all’autismo richiede un intervento che coinvolga tutta la rete sociale, composta dalla famiglia, la scuola e il territorio. Alcuni farmaci possono, però, essere utilmente impiegati per contrastare sintomi spesso associati all’autismo, come l’iperattività, l’aggressività o le ossessioni.

È necessaria quindi una presa in carico globale e non esclusivamente di tipo sanitario, in un’ottica multidimensionale, che coinvolga diverse professionalità e istituzioni, al fine di poter rispondere non soltanto ai bisogni di salute delle persone con Disturbi dello Spettro Autistico, ma anche alla qualità della vita in generale, per esempio facilitando le esperienze lavorative e di autonomia personale e sociale.

L’individuazione e il trattamento dei comportamenti problema, ad esempio, richiede un approccio multidisciplinare, in quanto sono necessarie competenze diagnostiche e di trattamento di tipo clinico, come il rilievo di una eventuale comorbidità psichiatrica associata, le alterazioni dei livelli di arousal e la neurobiologia della devianza, e di tipo educativo e psicosociale come la valutazione e l’analisi funzionale.

Per questo motivo, è importante coordinare le attività delle diverse professionalità coinvolte nel piano di trattamento e di sostegno alle persone con autismo, in particolare nei casi complessi che richiedono competenze e operatività di tipo clinico, educativo e riabilitativo. In questa ottica si promuove la riflessione e la discussione propositiva rispetto alla ridefinizione del ruolo del medico, e ai diversi specialisti, che devono aggiornare i loro contributi alla luce dei modelli di case e care management propri del lavoro di rete richiesto da un sistema di welfare in evoluzione.

5) Con un intervento psicoanalitico si può curare il bambino autistico

Questo assunto, legato all’ipotesi di una causa non biologica dell’autismo, è stato dimostrato completamente errato da molti studi, anche di organismi importanti. A oggi l’intervento psicoanalitico evidenzia significative limitazioni nell’efficacia e nella sostenibilità applicativa nel campo dell’autismo. Si evidenzia l’importanza di un intervento di rete che coinvolga diversi specialisti, come pediatra, neurologo, psichiatra e neuropsichiatra.

6) L’autismo passa con la crescita

Un intervento precoce aumenta le probabilità di successo della terapia e permette di raggiungere il massimo potenziale di autonomia e conoscenze di ogni bambino, agevolandone così la vita da adulto. In mancanza di terapia o in caso d’intervento tardivo, le possibilità di una vita autonoma si riducono fortemente. Purtroppo, però, l’autismo permane nel corso dell’esistenza, con caratteristiche di funzionamento e di problematiche differenti che emergono nelle diverse fasi del ciclo di vita.

Per esempio, le criticità dell’inclusione scolastica durante l’infanzia, la dipendenza progressiva e crescente dall’ambiente in età adulta, l’inserimento lavorativo, l’affettività, le complicanze somatopatologiche e i rischi di comorbidità con altre problematiche psicologiche come l’ADHD, le psicosi, i disturbi d’ansia e la depressione.

7) Nessuna terapia è veramente utile: in pratica, non c’è nulla da fare

In realtà, gli studi dimostrano che un intervento precoce e multidisciplinare è in grado di migliorare le capacità relazionali, comunicative e di autonomia dei ragazzi autistici, favorendone una migliore qualità di vita.

Per questo motivo, è fondamentale che le reti dei servizi a livello territoriale siano adeguate, poiché il mancato accesso ai servizi risulta il fattore prognostico peggiore rispetto agli esiti possibili per l’autismo, mentre un buon funzionamento degli stessi si dimostra efficace in termini di miglioramento della qualità di vita delle persone con autismo e dei loro familiari.

8) L’autismo è un disturbo molto raro

Secondo quanto riportato dal Ministero della Salute, si stima che in Italia 1 bambino su 77, nell’età 7-9 anni, presenti un disturbo dello spettro autistico. I criteri diagnostici sono cambiati nel tempo, passando da una distinzione molto rigida in categorie al riconoscimento di dimensioni che presentano maggiori sfumature e permettono di tenere conto di diversi livelli di compromissione. Nel DSM, il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, si parla di spettro di disturbi proprio per evidenziare le differenze presenti nella sintomatologia e nel funzionamento delle diverse tipologie di autismo.

9) Un bambino autistico è, in realtà, un genio

I bambini autistici possono presentare alcune capacità sorprendenti insieme ad alcuni deficit in diverse aree: un bambino può ricordare il compleanno di tutti i suoi compagni di classe e tuttavia non riuscire a usare correttamente i pronomi personali «io» e «tu». Un bambino può leggere formalmente in modo perfetto, ma non capire nulla di ciò che ha letto. I bambini con autismo mostrano una grande variabilità in termini di quoziente intellettivo, ma molti di loro presentano deficit cognitivi evidenti e solo una piccola percentuale ha un QI superiore alla media.

10) Se un bambino parla, non può essere autistico

Il linguaggio è una delle aree spesso compromesse nel disturbo autistico, ma a volte è possibile ritrovare una forma di linguaggio evoluta, anche se può risultare limitata nel numero di parole usate, nella correttezza o nella capacità espressiva. Al di là del linguaggio verbale, possono essere presenti competenze comunicative, anche di buon livello, espresse attraverso modalità non verbali.

Ho aggiunto un ultimo punto a questa lista, che in realtà rappresenta un pregiudizio comune non solo rispetto all’autismo, ma a svariati disturbi psichici:

Per aiutare un bambino autistico basta l’amore

In realtà, oltre all’amore occorre una competenza tecnica specifica nei programmi di trattamento riabilitativo. Una formazione appropriata e una buona esperienza pratica sono indispensabili per poter operare e comprendere adeguatamente ogni persona autistica nella propria specificità.

L’affetto, l’entusiasmo e la motivazione degli operatori e delle famiglie sono presupposti preziosi che necessariamente devono integrare le conoscenze scientifiche per permettere la buona riuscita di qualsiasi intervento e consentire la generalizzazione dei risultati conseguiti in contesti il più possibile inclusivi.

Rispondi

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: