La grotta nella neve

INSEGNAMENTI SULLA MEDITAZIONE TIBETANA

La grotta nella neve. Una donna europea alla ricerca della saggezza nel cuore del Tibet. Vicki Mackenzie

Il libro La grotta nella neve racconta la straordinaria vita di Tenzin Palmo, la prima donna europea diventata monaca buddista. Tenzin Palmo è nata in Inghilterra e a vent’anni si è trasferita in India ed è entrata in un monastero buddista, per poi decidere di ritirarsi per dodici anni in una grotta a 4000 metri di altezza sull’Himalaya. Nella pratica buddista, infatti, si ritiene che lunghi periodi di isolamento, trascorsi meditando e leggendo i testi sacri, possano condurre all’evoluzione verso livelli superiori di coscienza.

Quando è uscita dal suo ritiro, ha iniziato a diffondere in giro per il mondo la saggezza del buddismo tibetano e le intuizioni che aveva conquistato attraverso la propria esperienza. Essendo una donna di origini europee, inoltre, aveva la capacità di trasmettere tali esperienze e conoscenze anche in termini maggiormente accessibili per gli occidentali.

Per esempio, durante un incontro con un gruppo di psicologi di Seattle, disse: “Le nostre menti sono come discariche: quello che ci gettiamo dentro il più delle volte è immondizia! Le conversazioni, i giornali, i divertimenti, non facciamo che accumulare tutto. Abbiamo in testa un baccano costante, e il problema è che questo ci stanca molto”. Parole in cui ognuno di noi può sicuramente ritrovarsi. “Di solito quando pensiamo al riposo accendiamo la televisione, oppure usciamo o beviamo qualcosa. Ma tutto ciò non ci offre un vero riposo: serve soltanto a infilarci in testa altra roba”, prosegue.

Ella afferma che per la mente nemmeno il sonno sia un riposo autentico, perché per ottenere un vero rilassamento ciò che dobbiamo fare è concedere a noi stessi dello spazio interiore. Solo così è possibile “ripulire la discarica” di cui parlava, placare il rumore interiore che ci accompagna costantemente. L’unico modo per farlo è fermare la mante sul qui e ora, sul momento presente. Questo è il riposo migliore per la mente. Meditazione significa quindi far sì che la mente sia rilassata e presente, consapevole. “Cinque minuti così vi faranno sentire corroborati e perfettamente svegli”, assicura.

Essere presenti nel qui e ora. Quanto tempo occorre per meditare?

Molti sostengono di non avere tempo per la meditazione, ma per meditare non è indispensabile trovarsi in un luogo silenzioso e isolato e rimanere seduti in silenzio, si può meditare anche mentre si cammina in un corridoio, mentre si aspetta che carichi una schermata del computer, fermi al semaforo o in fila al supermercato. Oppure mentre si lavano i piatti o si svolgono altre attività quotidiane. L’importante è essere lì nel presente, consapevoli di ciò che si sta facendo, senza tutti i commenti mentali che normalmente ci accompagnano.

Per iniziare, è possibile scegliere un’azione della propria giornata e stabilire di essere presenti durante quell’azione, come per esempio bere il tè, o pettinarsi. L’importante è essere decisi e dirsi: in quell’azione ci sarò davvero. Non siamo abituati a questo, perché per la maggior parte del tempo siamo inconsapevoli, svolgiamo le nostre azioni pensando ad altro, spesso a ciò che abbiamo fatto prima o che dovremo fare dopo, oppure controllando costantemente il telefono.

Dobbiamo invece sviluppare l’abitudine di essere presenti. Gli studi indicano che un’azione diviene un’abitudine se viene ripetuta per almeno trenta giorni di seguito. Anche nella meditazione, la costanza e la pratica sono fondamentali. Una volta che si inizia a essere presenti in un preciso momento, i commenti di sottofondo si annullano e ogni esperienza diventa più vivida e vigile.

Attenzione e consapevolezza

L’attenzione può essere interpretata in due modi: la concentrazione, che è ristretta e può essere rivolta su un unico oggetto, e la consapevolezza, che è più ampia e onnicomprensiva.

Tenzin Palmo prende ad esempio l’ascolto della musica: mentre la ascoltiamo ne siamo assorbiti e finché essa dura è come se noi stessi fossimo la musica. In questo caso si tratta di una profonda concentrazione. Sapere, nello stesso momento, che siamo assorbiti dalla musica è consapevolezza. “Quando siamo consapevoli siamo attenti non soltanto a ciò che facciamo, ma anche ai sentimenti e alle emozioni che nascono in noi e a ciò che ci succede intorno”. In sanscrito il termine attenzione è smriti, in pali è sati e in tibetano drenpa. Tutte queste parole significano “ricordare”.

Quindi se attenzione è sinonimo di ricordare, il suo opposto è la dimenticanza. Ricordarsi di essere consapevoli è molto difficile, soprattutto all’inizio è possibile riuscirci per qualche minuto, per poi arrivare a collegare tra loro i vari momenti di consapevolezza. Il problema, spiega la monaca, è che viviamo in una terribile apatia e, semplicemente, non siamo abituati a ricordare.

Assenza di giudizio

I nostri giudizi influenzano il nostro modo di vedere la realtà. Tenzin Palmo illustra questo concetto attraverso un esempio: è come se guardassimo attraverso un binocolo fuori fuoco, in quanto quando sperimentiamo qualcosa, lo facciamo attraverso il filtro del nostro giudizio, delle nostre idee e preconcetti. Ciò accade con ogni cosa che percepiamo, ciò che vediamo, sentiamo, tocchiamo o mangiamo… immediatamente lo reinterpretiamo in relazione a noi, in base ai nostri pensieri e alle nostre esperienze.

Molti studi sul comportamento dimostrano che, una volta che ci siamo formati un’opinione o un giudizio su qualcosa o qualcuno, la nostra mente noterà e ricorderà maggiormente le informazioni che vanno a confermare tale opinione. Proprio come il filtro di cui parlavamo. Ciò comporta che, quindi, viviamo come se fossimo lontani dalla nostra stessa esperienza, e i nostri comportamenti e le nostre reazioni sono sempre più condizionati e ripetitivi, come vivessimo con il pilota automatico.

Per questo è importante ritrovare un contatto diretto con l’esperienza, attraverso l’attenzione consapevole a ciò che stiamo vivendo. Lo stato mentale che dobbiamo ottenere nella nostra vita quotidiana è vedere le cose come sono veramente, come se fosse la prima volta, con la stessa curiosità dei bambini che, poiché la loro mente è pura, osservano il mondo, con le sue forme e i suoi colori senza pregiudizi. “Se impareremo questo, anche senza fare nient’altro, la situazione si trasformerà automaticamente”.

Tenzin Palmo porta l’esempio del film americano Ricomincio da capo: “Parla di un uomo che doveva vivere la stessa giornata all’infinito. Non poteva impedire gli eventi che gli capitavano, ma capì che il suo modo di reagire trasformava l’intera esperienza della giornata. Scoprì che a mano a mano che la sua mente superava la propria ostilità e avidità e iniziava a pensare agli altri, la sua vita migliorava sensibilmente. Naturalmente impiegò moltissimo tempo ad afferrare questo concetto, visto che all’inizio del film stava imparando a suonare il pianoforte mentre alla fine sapeva eseguire una sonata”.

C’è il pensiero, poi c’è la consapevolezza del pensiero. E la differenza tra essere consapevoli del pensiero e pensare è enorme.

Siamo abituati a identificarci a tal punto con i nostri pensieri e le nostre emozioni che ci coincidiamo con essi: quando siamo tristi siamo la tristezza, quando siamo arrabbiati siamo la rabbia, e così via. Dobbiamo quindi provare a fare un passo indietro e riconoscere le nostre sensazioni, pensieri ed emozioni come semplici stati mentali, che in quanto tali sono innocui, inconsistenti e passeggeri.

Per il buddismo l’ignoranza è intesa come mancanza di consapevolezza. “Una volta che ci siamo resi conto che la natura della nostra esistenza è al di là dei pensieri e delle emozioni, che è incredibilmente vasta e interconnessa con tutti gli altri esseri, allora il senso di isolamento, separazione, paura e speranza cessa di esistere. È un sollievo enorme!”.

La compassione

Molto spesso esiste una separazione di base tra noi e la pratica, come se la pratica restasse al di fuori di noi. Spesso gli occidentali tendono ad affrontare la meditazione solo attraverso il cervello, creando così una dualità tra soggetto e oggetto. Invece, sostiene la monaca, la pratica deve scendere nel cuore e penetrare a fondo dentro di noi. “A quel punto non esiste più un soggetto (io) e un oggetto (la meditazione). Noi diventiamo la meditazione. E qui avviene una trasformazione a livello profondo”.

Ella spiega che il dharma buddista riguarda la trasformazione della mente, che nel linguaggio buddista comprende anche il cuore. L’ideogramma che indica “piena consapevolezza”, infatti, è composto da una parte superiore che significa consapevolezza, e una parte inferiore che significa mente e cuore insieme.

La trasformazione della mente/cuore può avvenire solo se, oltre a sederci a meditare, seguiamo il dharma anche nella nostra esistenza quotidiana. Adesso come adesso noi occidentali ci limitiamo a guardare nel cuore dall’alto in basso, a osservare le visualizzazioni che creiamo al suo interno. Ciò che dobbiamo fare è imparare a scendere nel cuore, la sede della nostra vera essenza. In questo modo la compassione e la gentilezza amorevole non restano solo teorie o idee, ma diventano qualcosa che percepiamo e che sorge spontaneamente”.

Conclusioni

In conclusione, non è necessario ritirarsi una grotta per anni a meditare: imparando a controllare il respiro, il corpo e il pensiero “la pratica di essere nel momento presente e di aprire il cuore può essere esercitata ovunque ci troviamo. Se riusciamo a portare la nostra consapevolezza nella vita quotidiana, nei rapporti umani, sul posto di lavoro e in famiglia, il luogo in cui ci troviamo non fa più differenza”.

Rispondi

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: