Nostalgia del passato

NOSTALGIA DEL PASSATO: UNA ANALISI PSICOLOGICA

Era già l’ora che volge il disio ai navicanti e ‘ntenerisce il core lo dì c’han detto ai dolci amici addio; e che lo novo peregrin d’amore punge, se ode squilla di lontano che paia il giorno pianger che si more; l’udire e a mirare una de l’alme surta, che l’ascoltar chiedea con mano.

                                                               Dante, Divina Commedia, Canto VIII: Antipurgatorio

Cosa significa nostalgia?

Il dizionario definisce la nostalgia come uno “Stato d’animo corrispondente al desiderio pungente o al rimpianto malinconico di quanto è trascorso o lontano”. Antonio Prete nel suo libro “Nostalgia: storia di un sentimento” ripercorre la storia dell’etimologia e del significato attribuito a questa parola.

Come per il termine malinconia, l’antica melanconia, anche il termine nostalgia inizia a essere utilizzato per la prima volta nel campo della medicina, mentre in seguito si allontana dal significato legato alla patologia e inizia da avere sempre più a che fare con l’espressione di un’emozione. Rispetto a malinconia, nostalgia è un termine più moderno, ma indica un sentimento antico quanto l’uomo. La parola è stata coniata nel 1688 dal medico francese Johannes Hofer che scrisse la Dissertatio Medica De Nostalgia, neologismo composto a partire dai termini greci nostos (ritorno) e algos (dolore).

In ambito medico, quindi, essa fu introdotta per designare la malattia del desiderio del ritorno a casa. Precedentemente in francese veniva utilizzata l’espressione mal du pays, traduzione del latino desiderium patriae. In Italia venne inserita nel Dizionario della Crusca nel 1863, si diffuse prima in campo clinico, poi avvenne il passaggio all’uso comune grazie agli esuli e agli emigranti, che iniziarono a utilizzarla in un’accezione non patologica.

Come si manifesta la nostalgia?

L’elemento principale della nostalgia consiste nel nostos, il pensiero del ritorno che diventa assillante, associato al dolore di non poter tornare. Tra il Seicento e il Settecento, essa descrive la condizione dei soldati o delle ragazze mandate a servizio che venivano inviati in terre straniere. I sintomi principali erano:

  • angoscia
  • tristezza
  • difficoltà a dormire o insonnia
  • minor sensibilità a fame e sete o anoressia
  • astenia (mancanza di forze) e lentezza nei movimenti
  • palpitazioni
  • sospiri frequenti
  • febbre
  • pensiero fisso della patria

Tale stato può essere definito oggi come depressione reattiva. In seguito, da malattia militare divenne oggetto della medicina coloniale. Le cause individuate all’epoca per la caduta nello stato di nostalgia erano legate alla qualità dell’aria, all’ascolto di voci che parlano in lingua straniera, o all’ascolto di canti e musiche familiari. Freud lo definisce il perturbante: la sovrapposizione tra qualcosa di familiare e domestico e qualcosa di profondamente estraneo.

Come abbiamo detto, la nostalgia da malattia si trasforma in sentimento quando la parola inizia a essere usata nel linguaggio comune, nei racconti degli esuli, nelle lettere, sui giornali… ossia quando la lontananza viene spostata dalla dimensione interiore al piano del linguaggio e della narrazione.

Quando si prova nostalgia?

  • Nostalgia e lontananza:

Kant ha messo in evidenza che quando si ha il desiderio di tornare in un paese dove si è stati nell’infanzia o nell’adolescenza e si soffre perché non è possibile farlo, in realtà ciò che si desidera non è il posto in sé, ma il tempo trascorso in quel luogo. Anche se vi ritornassimo, infatti, ci renderemmo conto che il tempo vissuto lì non c’è più, e che noi stessi non siamo più come eravamo a quell’età. Noi, come quel luogo, ci siamo trasformati.

Il rapporto tra nostalgia e lontananza ci pone di fronte alla consapevolezza che non si può tornare a un altro tempo, siamo irrevocabilmente lontani da ciò che è stato, ma un altro ritorno è possibile nella forma del ricordo e del linguaggio.

Sempre Antonio Prete, nel “Trattato della lontananza”, la definisce una condizione in cui tutti costantemente viviamo: lontani dall’infanzia, dall’adolescenza, da un luogo, da un tempo, da una condizione diversa. La lontananza si mescola al desiderio di qualcosa che non c’è e che vorremmo fosse presente. Oggi ci viene fornita una diversa forma di presenza grazie ai mezzi di comunicazione, attraverso l’estensione delle relazioni virtuali  la lontananza viene addomesticata e perde il suo significato.

È necessario, invece, attraversare la distanza grazie all’immaginazione, al desiderio, al ricordo, alla creatività, per non lasciarsi assediare dal desiderio impossibile del ritorno e non accontentarsi dell’illusione di vicinanza fornita dalla tecnologia. In questo modo è possibile trovare un equilibrio tra la sofferenza per l’impossibilità di accedere a qualcosa di lontano e il piacere della lontananza vissuta attraverso l’immaginazione.

  • Nostalgia e memoria:

Possiamo parlare, quindi, di nostalgia di qualcosa che non ci appartiene più. È importante allora essere consapevoli che non si può tornare, ma che è possibile custodire dentro di noi parte di ciò che è accaduto. Il ricordo è la consapevolezza che davanti all’irreversibile possiamo trattenere qualcosa attraverso il linguaggio: parlando, immaginando, scrivendo, raccontando… questo è il campo della memoria. La memoria è alla base di tutte le arti in quanto consente la rappresentazione di qualcosa che non c’è più, ma che attraverso le immagini e le parole può continuare a esistere.

Leopardi, ad esempio, parla di ricordanza, cioè il movimento del ricordare. Nei suoi versi “Silvia rimembri ancora…” rivivifica il ricordo di un tempo e di una figura che non ci sono più, riporta nel qui e ora un’immagine antica, fanciullesca. Sant’Agostino, nelle Confessioni, descrive come le immagini possano apparire spontaneamente, non chiamate, nella mente e prendere forma, riattivando i cinque sensi, che diventano così sensi interiori.

Ad esempio, grazie alla memoria, possiamo distinguere il profumo del giglio da quello della violetta senza averle davanti, o, viceversa, riassaporando il gusto di una madeleine possiamo, come Proust, recuperare il rapporto con un tempo che non c’è più. È possibile quindi, all’interno del costante mutamento che accompagna il cammino della nostra vita, trasformare la nostalgia in presenza attraverso la rappresentazione simbolica.

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